brano tratto dal libro il vecchio e la ragazza

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… il vecchio e la ragazza

Entrarono in fretta nell’abitazione senza neanche chiudere la porta. Fia era troppo decisa, sapeva di non poter perdere molto tempo, aveva calcolato tutto, era quello il momento giusto, ora o mai più e così rompendo gli indugi disse: “Voglio fare l’amore con te, Mosè!, voglio perdere la mia verginità!”. E lo disse con un tono così deciso e sicuro da sorprendere anche se stessa. Mosè sbiancò, si sentì di colpo in paradiso, poi all’inferno, cominciò a sudare, a tremare, a respirare convulsamente, per un attimo pensò di morire e trovò la forza per dire soltanto: “Anch’io sono vergine”.

Sapere che quell’uomo non avesse mai fatto l’amore con nessuno in 65 anni e che lei sarebbe stata la prima, in altre circostanze l’avrebbe sicuramente scioccata ma, in quel momento, lei non ci fece neanche caso, impegnata come era a portare a termine la sua missione.

Fece tutto lei, la ragazza ora sembrava la più grande professionista del sesso pur essendo anche per lei la prima volta. Ma l’istinto è superiore a ogni tecnica e sa guidare nella giusta direzione. Ora la ragazzina pareva molto più grande e matura del vecchio. Afferrò la mano di lui con la sua dicendogli semplicemente: “Vieni”, e lo condusse dritto verso il letto. Lui si lasciò guidare come un automa restando con la bocca aperta più impaurito che eccitato. La ragazza aprì in fretta la porta della, chiamiamola bonariamente, stanza da letto. Vi era un odore nauseante di rinchiuso e di muffa. Il letto, pieno di polvere e formiche, era più sporco che mai, perfino il cuscino si presentava male, non vi erano lenzuola né coperte, forse le aveva tolte Mosè per il troppo caldo. Ma a Fia tutto questo non importava. Poteva essere un letto fatto di urina e melma; poteva essere ricoperto di fiori e d’argento, sarebbe stata per lei la stessa cosa. Era altro che lei cercava, che lei voleva. Fia chiuse la porta, si sdraiò su quel letto, prima si alzò la maglietta sino al collo lasciando scoperta la parte che dal reggiseno arriva sino all’ombelico. Poi si alzò la minigonna lasciando libera quella che dalle mutandine arriva sino ai piedi. Si tolse in fretta le scarpe e quindi anche le calze e rimanendo in quel modo a faccia all’aria, si rivolse a Mosè che guardava incredulo e ammutolito, dicendogli: “Fai di me quello che vuoi, prendimi, scopami, amami”. Una scena così non la si può limitare descrivendola in un libro. Soltanto guardandola dal vivo, le si può rendere giustizia. Anche il più grande scrittore di tutti i tempi non sarebbe in grado di sostituire la visione con le parole e forse neanche capace di entrare in profondità nel corpo e nella mente di quel vecchio e di quella ragazza. La giovanissima ragazzina distesa, abbandonata sul letto con gli occhi un po’ chiusi e un po’ aperti, era bellissima, col suo corpo in penombra, in bilico tra innocenza e peccato, tra inferno e paradiso. Neanche il più inflessibile giudice d’un tribunale, o il più convinto assertore contro la pedofilia, neanche un santo, neanche un angelo, avrebbe potuto resisterle e non desiderarla. Mosè rimase sbalordito a guardarla. Avrebbe voluto farle mille complimenti, dirle mille volte grazie, renderla partecipe di quello che lui provava dentro. Ma nessuna voce poteva spiegare quelle sensazioni. Così non parlò. Timido, imbarazzato, totalmente incapace di effettuare la benché minima mossa, rimase così in estasi a contemplarla come un innocente bambino che vede apparire la Madonna per la prima volta. Ma lei non era una visione né un sogno, era vera, in carne e ossa, pronta per essere toccata, baciata, venerata, amata. La ragazza, sconvolta nei sensi e nell’anima di trovarsi lì ad offrire le sue innocenti nudità allo sguardo d’un vecchio, aspettava impaziente da lui un gesto, un segno ma il vecchio rimase impietrito come una statua senz’anima, dopo un breve tempo che alla ragazza era sembrato un’eternità, riuscì a dirle soltanto sottovoce: “Che devo fare?” A quel punto la ragazzina diventò sua madre. Prese dolcemente la mano destra di quel vecchio e la portò sul suo giovane corpo, guidandola con la sua, accompagnandola dappertutto come un’isola vergine da esplorare, dalle dita dei piedi sino alla punta del capello più alto. Non sono in grado, cari lettori, pur sforzandomi, di trovare le parole adatte per spiegare quello che provavano entrambi in quel momento. Certe emozioni, vanno vissute in prima persona, solo allora ci si può rendere conto. Nessun tribunale, nessuna censura, nessuna morale potevano annullare quelle emozioni così intense e se anche l’avessero fatto, avrebbero commesso un delitto. Il criminale non era il vecchio e neanche la ragazza, ma chi impedirebbe loro di farlo. Fia, poi con le sue mani, spinse dolcemente la testa del vecchio sopra di lei, facendo scorrere la lingua di lui per tutto il corpo. Fu a quel punto che sentì il bisogno di togliersi ogni indumento di dosso, restando completamente nuda alle carezze e ai baci del vecchio. Poteva arrivare di colpo Dio o Satana, un giudice o la polizia, il presidente della Repubblica o il papa in persona, loro due non si sarebbero mossi da quella posizione e avrebbero continuato imperterriti ad amarsi, non avrebbero potuto farlo pur volendolo. La ragazza, più audace che mai, spogliò il vecchio che rimase nudo davanti a lei. Era impressionante la differenza fra quei due corpi, ma gli opposti spesso si attraggono. Se fossero stati entrambi bellissimi, forse sarebbe stato meno eccitante. Il fascino del proibito, del peccato rendevano quel momento ricco di emotività e sensualità.

Era la danza della trasgressione, il trionfo della libertà assoluta. Ora i due giacevano in ombra, su quel letto, nudi. Lei sdraiata, lui inginocchiato davanti a lei. Fia ora osservava quel corpo di vecchio così diverso dal suo e le fece un po’ pena, capì dentro di sé la fortuna di essere giovani, la bellezza della giovinezza. Poi i suoi occhi si posarono su quel membro penzolante, le fece tenerezza, non le fece paura. Era la prima volta che ne vedeva uno in vita sua. Istintivamente allungò la mano e la posò su di esso. Ma fu un gesto sollecitato dalla curiosità e non dal desiderio. La ragazza si trovò in mano quella nuova e sconosciuta creatura e le sembrava di toccare un piccolo serpentello, morbido e caldo, simile ad un bastone di velluto. Il contatto con quelle mani calde e lisce, procurò un effetto devastante sulla psiche dell’anziano che raggiunse di colpo un’erezione notevole da fare invidia a un dio greco bello, muscoloso e potente. La ragazza, avvertendo sul palmo della mano quell’incredibile cambiamento, si spaventò e lasciò quella presa.

Il vecchio capì che era il momento giusto, aveva vinto le sue paure, il suo imbarazzo. Cercò in fretta il suo pantalone e tirò fuori dalla tasca il preservativo ma con le mani tremanti non riuscì a metterselo e forse anche per non averlo mai usato prima in tutta la sua vita. Ancora una volta fece tutto lei, la piccola Fia guidata dall’istinto che è il migliore maestro, più di qualsiasi insegnante o scienziato. L’uomo si distese sul corpo della ragazza ma non fu capace di compiere l’atto, sia per l’inesperienza, sia per l’emozione che stava riprendendo il sopravvento. Per l’ennesima volta, intervenne ad aiutarlo la ragazzina col suo istinto unito alla sua voglia. Aprì le sue gambe, riprese quel membro in mano e lo indirizzò lei stessa dove doveva andare, spingendo in avanti il bacino per favorirne l’operazione. La ragazza sentì solo un lieve dolore e non ebbe perdita di sangue. Non fu doloroso neanche per lui. La natura li aiutò entrambi per non guastare quel sogno. Il vecchio istintivamente cominciò a muoversi sopra di lei con dolcezza facendola gemere e sospirare ma anche lui non poteva fare a meno di emettere piacevoli lamenti. Con la mano destra appoggiata sul suo seno sinistro e con la sinistra sulle cosce e sulle natiche della ragazza, il vecchio aumentò il suo ritmo in un folle vertiginoso crescendo che coinvolse entrambi. Le sensazioni che quel membro le procurava dentro, erano molto più forti ed intense di quelle che si regalava da sola con le sue dita e ora lei si sentiva presa, amata, desiderata, si sentiva totalmente sua. Il vecchio, a sua volta, si trovava ormai in orbita, in un altro pianeta, fuori da ogni spiegazione umana e logica. Aveva aspettato 65 anni per farlo ma non aveva nessun rimpianto di aver atteso tanto. Anzi, se dovesse morire e rinascere un’altra volta in questa terra, aspetterebbe altri 65 anni pur di incontrare poi nuovamente la sua bellissima principessa Fia. Se in quel momento, fosse entrato lì dentro il papa e li avesse visti in quell’atto, avrebbe sorriso e li avrebbe benedetti.

Cari lettori, anche se quello che vi sto per dire vi sembrerà partorito da una mente folle, non posso non scrivervi che la scena di quel vecchio e di quella ragazzina che si amavano consapevolmente stringendosi l’un l’altra, era la più bella poesia che potesse esistere al mondo per mille motivi che non sto qui a enunciare per non sconvolgervi ulteriormente. I due raggiunsero l’orgasmo quasi simultaneamente e fu più bello ancora. Poi rimasero abbracciati e la ragazza decise in quel momento di ringraziare il vecchio facendo quello che non aveva avuto ancora il coraggio di fare. Avvicinò le sue labbra a quelle del vecchio e lo baciò appassionatamente come se si trattasse di un ragazzo della sua età. All’inizio avrebbe voluto soltanto sfiorarle ma poi la passione, unita al desiderio di baciare per la prima volta, la spinsero a unire la sua lingua a quella del vecchio, in una mescolanza di sapori e di saliva che stordì entrambi. La scena di una ragazzina di 15 anni che baciava appassionatamente un vecchio di 65 era pura armonia, il trionfo della vita, l’immortalità dell’anima che aveva il sopravvento sull’età del corpo. Quell’intenso bacio fu persino più bello del rapporto sessuale. Fino all’ultimo istante Fia dimostrò a Mosè la sua grandezza interiore, la sua comprensione, la sua dolcezza. Il vecchio e la ragazza avrebbero voluto restare ancora abbracciati ma tutto, nella vita, prima o poi ha una fine.

La ragazza guardò l’orologio: “È tardi, devo andare”, esclamò preoccupata.

I due si rivestirono in fretta senza dire una parola, non ve ne era bisogno, si erano già detti tutto. Il vecchio salì sul motorino, lei montò dietro e partirono verso quella villetta di Leonforte che li aveva fatti conoscere.

Quel vento che all’andata, alzando la gonna della ragazza, sembrava complice del demonio, ora compiendo lo stesso identico gesto, pareva agli occhi di lui un poeta che scriveva i suoi versi ispirati da un angelo. Per tutto il tragitto non parlarono, a volte il silenzio vale più di mille parole. Entrambi erano consapevoli che quello che era accaduto quel pomeriggio tra di loro, non sarebbe successo mai più, quella era stata la prima e l’unica volta.

Le cose belle, nella vita, non possono ritornare. Avrebbero potuto farlo anche altre cento volte, ma non sarebbe mai stato bello quanto la prima.

Il vecchio e la ragazza desideravano entrambi che finisse tutto lì per conservare insieme, nelle loro menti e nei loro cuori, la poesia del ricordo di quella prima ed ultima volta. Arrivati in quella villetta, osservarono insieme quella panchina dove si erano seduti per la prima volta conoscendosi. Le avrebbero fatto un monumento se solo avessero potuto farlo. Si salutarono con un semplice “ciao” e senza darsi un nuovo appuntamento. Il destino che li aveva fatti unire, ora aveva deciso di dividerli per sempre. Si separarono così ma entrambi avevano una strana luce negli occhi che li rendeva simili nonostante avessero un’età così differente. Quella luce la potevano notare tutti ma nessuno sarebbe stato in grado di capirne l’origine. Quello era un segreto che apparteneva esclusivamente a loro due e a nessun altro e restò tale per tutta la vita. Nessuno seppe mai nulla. Fia tornò a scuola più matura e serena. Era una bella ragazza, avrebbe avuto tanti corteggiatori, magari si sarebbe innamorata di un bel ragazzo, si sarebbe sposata e avrebbe avuto tanti bei bambini che a lei piacevano tanto. Ma non aveva più fretta, aveva una vita davanti per essere felice. E lui Mosè riprese la solita vita di sempre, col suo immancabile motorino, col saluto di tutta la gente di Enna, con la sua chiesa di San Raffaele, il suo parroco padre Santino e tutti i parrocchiani che continuavano a riempirlo di regali e di elemosine.

A me, cari lettori, non resta altro che concludere questo mio libro sperando che non vi abbia deluso e che possa essere servito a qualcosa e a qualcuno.

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brano tratto dal libro il vecchio e la ragazzaultima modifica: 2012-12-24T09:10:33+01:00da claudiocisc1
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