VERRÀ POI LA MORTE
La mia vita passerà molto presto
drammatica e patetica
e con essa anche la sua ricchezza
fatta umana dalla fatica.
Il tempo,
un male che impoverisce la vita,
mi toglie ogni energia vitale,
il mio corpo senza speranza e senza salvezza
si rivolta, si risparmia, geme
s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.
Ma vi è un altro male
subdolo e ancor più disperato:
quello di essere completamente solo
nell’umana comprensione di sé
costretto a tacere e fingere,
a rivedere il passato riflesso
nelle lacrime degli occhi che piangono
in un profondo bisogno di confidenze.
Triste appare allora il volto della memoria
come immobile silenzio che tende all’astrazione.
Verrà poi la morte del corpo
il distacco amaro.
MIA STREGA
Balla mia strega
balla per me muovendo più forte i fianchi
balla con il corpo e con l’anima.
Balla sotto questa luna piena
colora d’argento i miei sogni
nei tuoi occhi vedo riflessi cosmici diamanti.
Non ho bisogno di bere il tuo filtro
mi hai stregato solo con lo sguardo
mi hai in tuo potere ormai.
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LA VITA E L’AMORE
La vita umana,
perennemente sospesa tra mistero e fede,
sempre in bilico ed appesa ad un filo,
non è altro che una corsa inconsapevole verso la morte,
lungo un affascinante e doloroso percorso di crescita,
scandito da vivide emozioni e nebulose paure.
La zingara fortuna
ne condizionerà la sorte.
L’amore,
come infinite doglie che sperano in un parto,
altro non è che la continua ricerca di noi stessi nell’altro sesso,
adolescente desiderio d’una attesa senza fine
che non troverà mai
appagamento e realizzazione.
L’uomo come la donna,
nasce,cresce e muore solo.
DESIDERIO D’INCONTRARTI
Non ho mai conosciuto amore alcuno
in quest’orrido deserto della mia esistenza.
Solo miraggi inconsistenti e sogni naufragati nel nulla.
Eppure il mio cuore mai domo
anela ancora a te mia sconosciuta compagna
brama il tuo amore come acqua nel deserto.
Se solo potessi trovarti finalmente!
regalarti tutti i miei scritti
accuratamente custoditi sin da bambino,
narrarti con foto e diari la mia storia
di personaggio fuori dal comune eternamente solo.
La mia smarrita anima bambina
ora contesa tra l’amore divino e quello terreno
reclama nel silenzio di un disperato grido senza voce
una sua realizzazione,
una meta da raggiungere.
Sarebbe una rivincita
per tutti i miei fallimenti.
Se solo mi rendessi conto
che tu non puoi esistere
per colpa del mio io troppo particolare,
forse me ne farei una ragione
rassegnandomi.
Soltanto Dio, se vuole, leggendo le nostre menti
può incrociare il tuo sentiero col mio,
annullando qualunque distanza
ogni segreto.
Nel desiderio d’incontrarti
che dura ormai da tutta una vita,
in un’età in cui forse non è più lecito sognare,
un po’ ridendo e un po’ piangendo
rimango ancora quell’adolescente
in attesa e primo amore.
UN PALLONCINO COLORATO
Ma chi sono veramente io?
Ha senso cercare di scoprire me stesso?
Inseguire uno spettro senz’anima?
Io troppo piccolo
tra tutta questa gente che popola la terra,
insignificante
rispetto alla grandezza dell’universo.
Un palloncino colorato
sfuggito di mano ad un bambino
che vola sempre più in alto
fino a sembrare un puntino lontano.
Poi
sparisco del tutto
privo d’identità
senza storia.
IL GIARDINO INCANTATO
La bimba dagli occhi assonnati
e con indosso un pigiama bianco,
come sonnambula entra nel giardino incantato
e vede cose mai viste:
statue di cera ed animali parlanti
creature fiabesche e divertenti folletti.
Strane piante ora la spiano
alberi fioriti sussurrano la primavera.
Mille lucciole danzano a festa
bellissime fate muovono bacchette magiche a ritmo di musica
fanciulli fantasmi giocano a girotondo tenendosi per mano.
In fondo a quel giardino fatato
come fosse un regalo per lei
la bimba osserva stupita una vecchia sedia a dondolo.
Si siede felice
chiude i suoi occhietti
e ogni cosa scompare.
FARNETICAZIONE
Ho visto un topo inseguire un gatto
una formica spingere l’elefante
e una gazzella sbranare il leone.
Ho visto anche un nano alto
un bambino vecchio
ed il nero diventare bianco.
Ho visto poi tra fuochi di ghiaccio ed inverni estivi
ciechi vedenti e muti parlanti
lupo e agnello passeggiare insieme.
Ho visto infine il Messia
predicare nel sinedrio e nella sinagoga
di Gerusalemme.
Lo condannarono a morte
con una corona di uva rossa.
Ho raccontato ciò che ho visto
mi hanno internato in un manicomio.
ALTI E BASSI
Nella pace di questa sera
attendo la tempesta.
IL SILENZIO NEL SILENZIO
Erba appena bagnata sulla livida terra,
odore di pioggia da poco caduta
trasporta nell’aria bollicine di sogni
in questo autunno che scorre lento…
Silenti alberi ammutoliti e spogliati
attendono stanchi giovani foglie,
con la nuova stagione arriveranno
in questo autunno che respira lento…
Un colore giallognolo suggestivo e irreale
avvolge ogni cosa di magico incanto,
sfumature di anime invocano il sole
in questo autunno che sbadiglia lento…
Piante e animali stanno dormendo,
la natura è un fantasma che si aggira ramingo,
persino le pietre chiudono gli occhi arrossati
in questo autunno che dorme lento…
Non si avvertono rumori, non si odono lamenti
non c’è più linfa, è sottratta ogni energia
domina il nulla immobile e statico
in questo autunno che tace lento…
Una coltre di nebbia come una nuvola
disegna il paesaggio di malinconica assenza,
una sottile tristezza scende sul cuore
in questo autunno che muore lento…
E in questo bosco solitario e sperduto
dove anche il vento non ha la forza di soffiare,
io perdo me stesso ed i miei pensieri
e nel silenzio io rimango in silenzio
FIGLIA DEL VENTO
Lei è nata sulle rive del Sindh
aveva lunghi capelli neri,
sua madre la lavò nel fiume
suo padre le cantò una canzone tribale.
È nata mentre arrivava l’inverno
le capanne erano fredde,
crescendo ha teso la mano, la sua voce voleva parlare
ma la gente volgeva lo sguardo altrove.
Ha camminato a piedi scalzi
e ballato sotto la luce del sole
mentre i violini sembravano piangere in musica,
e i vecchi del campo narravano misteriose leggende.
L’hanno vista fare l’amore sulla terra nuda
parlare agli animali
sfogliare i petali d’un fiore
giocare prendendo per mano i bambini del campo.
Lei leggeva il destino
vedeva l’anima riflessa negli occhi
poi in silenzio
riprendeva il suo cammino.
È una ROM figlia del vento
la sua strada è lunga e faticosa
ma è libera e felice di essere quel che è:
la vita è andare verso dove non sai.
L’ANGELO NERO
L’angelo nero è tornato
a bussare alla mia porta.
È entrato
senza che me ne accorgessi.
Nel silenzio assoluto
dei suoi passi inesistenti,
mi avvolge nel suo manto
fatto di fumo e di tenebre.
Muta creatura
della notte più buia,
mi hai preso
senza che un lamento
venisse fuori dalle mie labbra gelide,
bianche come la cera.
Ora sono anch’io una creatura della notte
una sorta di vampiro
assetato di vita, assuefatto di morte,
faccio parte del tuo mondo allucinante.
Voglio solo fuggire via, nell’oscurità,
spiegare le mie ali di pipistrello
e volare lontano
nella notte che adesso sento d’amare.
Fuori il fiume sta scorrendo,
dentro il fuoco non si spegne
mai un momento,
ed io come ti sento, io ti sento!
E tu, angelo nero,
ormai vivi nell’oscurità della mia anima
come una candela accesa
che va spegnendosi lentamente
ma che non si consuma.
BIMBA
Quella notte,
avvolta in una nuvola calda,
una pallida luce nei tuoi occhi
sussurrava mille parole,
nascondeva mille segreti.
Ti guardavo,
ascoltavo il tuo respiro,
sentivo i tuoi pensieri scivolare nel regno delle ombre.
Avrei voluto seguirti anche lì
per proteggerti nel sonno,
tenerti per mano,
baciare i tuoi piedi,
stringerti,
ascoltare battere il tuo cuore.
Ma sono rimasto immobile a guardare il tuo viso.
Angelo che socchiudi gli occhi,
nell’istante in cui abbassi le palpebre,
porta nei tuoi sogni
il mio ultimo sorriso per te.
Il tuo viso
si distendeva dolce come non mai
mentre la mia mano scivolava leggera
donandoti sulla guancia l’ultima carezza.
Dormi bimba mia, ti sussurravo piano
per non svegliarti,
e vicino a te provavo a chiudere gli occhi anch’io
come fossi di colpo tornato bambino nella culla,
e insieme attendevamo la nuova alba
mentre nel soffitto, anche quella notte,
brillavano miriadi di stelle.
IL RISVEGLIO
Tu che sei nato in estate
quando la terra è gravida
e l’aria è satura di fragranze e sapori,
di colori vivi e di luce accecante,
forse non ami l’autunno.
Gli uccelli migrano lontano
lasciando la terra desolata
a ricordare nel sopraggiunto silenzio
l’eco delle loro grida nel cielo.
La luce del sole è ormai timida nel comparire,
le nuvole nella notte trasformano la luna piena
in un riflesso opaco.
Ombre scure hanno preso il posto delle case
ed hanno contorni indefiniti e tremanti.
L’anima del mondo si è incarnata altrove
e tu ne erediti le spoglie.
Eppure,
se riuscirai a soffermarti per un istante fra i rami spogli,
ad ascoltare il vento che spazza via le foglie morte,
a lasciarti accarezzare dalla pioggia sottile che rigenera i solchi,
ad amare questa terra nuda e fredda
attraverso le tenebre che l’avvolgono,
ti accorgeresti di un respiro sommesso,
del battito lieve di un cuore che sta riposando.
E se saprai attendere paziente il risveglio,
allora, avrai per te una terra vergine da fecondare
e fiori e frutti riempiranno le tue mani,
e nei tuoi occhi brillerà la luce
d’un giorno senza tramonto.
E udirai nuovi sussurri, nuove grida che avranno il tuo nome
e stormi di uccelli che si libereranno per te soltanto
imbastendo danze d’amore
sulle note di una musica scritta per te
dalle acque dei ruscelli.
Ed il vento ti porterà in un viaggio senza fine
accarezzando il tuo sorriso perché non svanisca,
il sole penetrerà le tue membra
per infondere calore e forza
e sarai stordito di profumi inebrianti
che rapiranno i tuoi sensi fino a confonderli.
Allora,
e solo allora, mi incontrerai di nuovo
e guardandomi, non mi riconoscerai.
IL TUO ANGELO BAMBINO
In segreto,
un amore ti dorme accanto,
muto e invisibile,
ha soltanto occhi per guardarti
e mani che non possono stringerti.
Della sua malinconia non ti accorgi
quando lo guardi e non lo vedi,
quando lo accarezzi e non lo senti.
Come un fantasmino si aggira per la stanza
urla a volte per destarti dal sonno ma invano
e poi di nuovo tace
vinto dalla tua indifferenza
più solo e più piccolo di prima.
SPREMI IL MIO SUCCO
Spremi il mio succo ragazza!
spremi tutta la vigna
e beviamo sino ad esserne ebbri
che anch’io sono pazzo di te
e di nuovo ardo di febbre.
Spremine ancora e ancora
e riempi la coppa proibita
per brindare sorella all’aurora
splendida amante della vita.
ERA UN GIOCO
Le rincorse sui prati
quell’acchiapparci
per finire lottando fra l’erba
… era un gioco.
Era un gioco
il mio corpo sul tuo
e trattenerti vinta per terra,
posarti la testa sul seno
aspettando che il respiro
tornasse leggero
… era un gioco.
Era un gioco
la prigionia contro i sassi
del muretto tra i rovi,
il tuo viso offerto nel sole
la dolce schermaglia dei fianchi
… era un gioco.
Ma quel gesto in più,
la mia incontrollata reazione,
la follia che ci prese
e che ci sconvolse la vita,
era un gioco dal quale
non abbiamo più fatto ritorno.
PASSIONI FRA DONNE
Danziamo molto vicine
ma non ci tocchiamo,
una specie di intimità sessuale ben presto
ci costringe a usare le mani.
La notte è calata su noi
ma la musica ci riempie di energia,
è eccitante spingerti su me,
adoro sentirti mia.
Bere dalla tua bocca
ha un significato purificante per la mia arte,
è così inebriante il tuo odore,
sai che hai la voce sensuale.
Sei divina, così aggressivamente tenera,
farò di tutto per raggiungerti in quella sfera magica
delle nostre menti che non sanno spegnersi
nemmeno quando il corpo sa di anima.
Perdonami se non ho parole
per dirti quanto ci tengo alla luce
che vedo nei tuoi occhi,
siamo in pochi
ad averla ancora.
Stringimi, baciami, mordimi, abbracciami!
Non voglio restare sola
ora che tu con un sorriso
cacci via ogni malinconia.
Non posso che cercare
di fare del tutto per renderti mia
perché sei splendida, splendida, splendida
così come sei.
PAGLIACCETTO AZZURRO
Leggevo tempo fa
le tue poesie,
piccolo arcobaleno ribelle,
scheggia di sorriso
e di follia,
fra la stanchezza generale
che invade la gente.
E mentre sfogliavo le tue pagine,
ti vedevo
pagliaccetto azzurro
saltellare fra la rugiada,
nei fiori giocare,
coi fili d’erba
burlati dal sole,
amare la notte,
e poi morire
in un’autostrada di parole.
Quanta tenerezza mi susciti!
il mio mondo alla tua età
era così simile.
Vorrei dirti pagliaccetto azzurro
non smettere mai di sognare
ma non sarebbe giusto, ti farei del male.
Siamo rimasti entrambi su una giostra di colori
forse non riusciremo mai ad imparare a vivere.
AQUILA DALLE GRANDI ALI
Salti per il mondo
e in cima in un attimo ti ritrovi,
da quell’altezza sei tu la padrona,
niente potrà più fermarti.
Aquila dalle grandi ali
ti stagli di profilo,
i tuoi occhi
puntano la preda.
Cosa ricordi di te stessa?
forse il fiore che ti generò,
il respiro del fuoco,
l’aria aperta.
A chi somiglia?
della natura sei complice
bocca bellissima.
Non avrò timori,
il sentiero è dritto
e la ghiaia bianca.
L’erba che raccoglierai
sul ciglio ti basterà
e gli anni futuri
ti vedranno fiera
in cima alla montagna.
Ed io saprò dove cercarti:
nel tuo nido.
ESTASI LUNARE
Vedo l’inviolabile notte implorare,
mi muoverò lentamente in un arido silenzio
come un gatto protetto dalla sua torpidezza,
cullerò un’infinità di rumori e di fumo
e a stento la notte ritroverà la sua pace.
Vedo un lucente angelo esanime,
infido torcerò gemme colorate
e vagherò nudo, tedioso e inerte
tra i docili fremiti degli antri di donna
e a stento l’angelo ritroverà la sua forza.
Vedo un’incantevole regina piangere,
rifiorirò tra le grinfie dell’amore e della vita
nel perduto e meraviglioso oblio rosso
sussurrando poesie tra le spire d’una stella
e a stento la regina ritroverà il suo sorriso.
Vedo una bambina perdere la sua infanzia,
insidierò ancora l’umidità delle tentazioni,
eviterò l’abbaglio dei cristalli
cancellando anche il sapore della nebbia
e a stento la bambina ritroverà il suo gioco.
Ma nel solenne splendore delle mie visioni
della notte, dell’angelo, della regina
e persino dell’innocente bambina,
attenuerò il lacerante taglio dei ricordi
e danzerò nell’estasi lunare.
ADOLESCENTE LUNA
Erano brevi attimi di buio
interrotti da labbra di neve,
addolciti da profumi d’incenso
e deliziose manie.
Era l’estate appagante
nella sua rossa solitudine
assordante di rumori al sapore di grano.
Ti adoravo mia adolescente luna,
disegnandoti sul mio diario segreto
illuminavi i miei giorni confusi, le notturne paure,
e le memorie ancora acerbe prendevano forza
in una danza eclettica di ondeggianti stelle.
Eri mia, lunghi fianchi sinuosi
distesi su letti d’argento,
e lì riappariva il mare nella sua immensa distesa.
Oggi che i miei giorni si consumano di vecchiaia,
sei ancora mia
attraverso rughe di arrugginite memorie.
CREATURE SAFFICHE
Svelatemi
o Numi del cielo
o amabile Venere
o chiunque abbia creato l’Eros,
svelatemi vi scongiuro
l’arcano mistero di costoro:
son giovanissime dee puttane
e dolci figlie di Saffo?
Ninfette in amore,
amabili creature saffiche
con i loro giovani corpi nudi
attorcigliati e avvinghiati uno sull’altro
fino a formarne un solo.
Anima nell’anima
respiro nel respiro
fiamme di paradiso.
Acerbi potentissimi sensi
scambiatevi lancinanti effusioni,
esplodete di malizia e innocenza.
Brividi, sussulti e fremiti
son lugubri rintocchi di messa funebre,
orgasmi, orgasmi e orgasmi
rosari sussurrati nel silenzio della chiesa.
Grazie potente Zeus
grazie divinità tutte dell’Olimpo
per avermi donato occhi
che possono ammirare
così celestiale visione.
Perdonami Dio della bontà e della purezza
ma io non so rinunciare
alla tentazione di quei corpi.
L’EFEBO NELL’ANTICA GRECIA
Che splendor mio grazioso giovinetto
quasi femmineo puro tutto ben curato
sii pronto su è giunta l’ora
d’esser da viril uom sodomizzato.
Oh si è bello è natural
e l’accoppiamento sai è gran giusta cosa
eroe e signor diman anche tu sarai
assai degno di fedele sposa.
Che aperte menti pensatrici
avean quei greci valorosi!
oggi mamma mia che tabù sarebbe
s’aprirebber celle per ricchi e per morosi.
Come corri in fretta pazza civiltà
c’è internét altro che lontan caverne
siam del progresso già tutti robots
e al natural piacer addio senza più goderne.
Così Sant’Uomini col mal dentro Sé stessi
san trovarlo ovunque persin dove non sta
e ciò che con durezza sono pronti a condannar
in segreto è praticato in Lor Sacra Autorità.
IO L’HO VISTA
Io l’ho vista
quand’ero ancora adolescente e mi sentivo solo
in un freddo pomeriggio d’inverno,
nel silenzio,
in quella grotta buia coperta da fronde.
L’ho vista
nella sua nudità d’angelo
librarsi in volo con le sue ali dorate,
mi ha parlato
con la sua voce dolce e suadente.
L’ho vista, lo giuro!
anche se nessuno mi vuol credere,
mi ha detto di non svelare il suo segreto
che da allora è anche il mio.
Nella notte delle stelle cadenti
sono tornato nel punto dove mi è apparsa
ma non ho veduto più nulla
silenzio assoluto anche del vento,
ma una luce brillante si è accesa
subito dopo che sono andato via.
IL CLOWN
Se in questa vita proprio devo fingere
voglio essere un clown
un trasformista multicolore
che diverte il mondo scherzando di sé.
Voglio essere l’arcano numero zero,
l’amico dei bambini,
il nano di corte, il giullare, il folletto.
Voglio essere il folle saltimbanco
che entra in scena,
che rompe gli schemi,
che fa ridere i cuori,
che sa indossare sulla guancia dipinta
una lacrima vera camuffata per finta.
Sarò triste come Pierrot
o forse allegro come Arlecchino,
non so neanch’io quello che diventerò.
ACROBATI
Emozioni sul trapezio della vita,
equilibri instabili di cuori in bilico,
questo è il nostro destino,
essere acrobati
rappresentare ogni giorno noi stessi
ora guitti, ora attori dai mille volti,
capaci sempre di carpire l’ultimo applauso,
sempre pronti a giocare con il fato.
Nella notte offriremo lo spettacolo più bello,
saliremo sul ciglio della luna,
saremo giocolieri delle stelle,
cammineremo in punta di piedi nei sogni dei bambini
e strapperemo loro lo stupore più innocente,
salteremo di cuore in cuore.
Questa è la nostra forza,
questa è la nostra scelta:
essere equilibristi di noi stessi.
I SEGRETI DELLA LUNA
Per ore lunghe e lievi
ho scrutato i segreti della luna,
e senza accorgermi,
una notte dietro l’altra,
ho cercato una forma di vita
sul suo pallido volto
per colmare questo purpureo calice
ancor vuoto.
È vero,
eterni sentimenti ci uniscono,
e come lupo in fuga,
orfano d’eteree rimembranze,
tendo le mani e la ricerca
nel mezzo dei suoi argentei fili,
chioma di madre celeste.
Non sogni o fatue visioni,
non amori o delitti,
non tormento o quiete
a cui abbandonarsi
finché lei resta lassù
con il capo chino
sulle mie mani aperte.
LA MIA ANIMA È NUDA
La mia anima è nuda
anarchico il mio istinto
folle la mia mente
immorale la mia libertà.
La mia anima è nuda
ama i bambini
sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati
adora gli ultimi della classe sociale.
La mia anima è nuda
non sa vivere in società
non scende a compromessi e non concepisce le regole
non lavora e non produce.
La mia anima è nuda
è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne
non può esser limitata dal tempo
è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.
La mia anima è nuda
posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza
come un verme striscia e bacia i piedi del demonio
poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio
sempre in bilico tra inferno e paradiso.
La mia anima è nuda
soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,
esce manifestando la sua diversità
se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,
bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,
guai a chi provasse a risvegliarli!
quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.
La mia anima è nuda
immortale e ribelle
aliena venuta da chissà quale mondo
destinata a perdersi e soffrire
nel crudele gioco della vita e della morte.
La mia anima è nuda
scevra da qualunque vanità
spogliata nella sua infinita miseria
non si lascia etichettare in nessun modo
non è né maschio né femmina, né schiava né regina.
La mia anima è nuda
conosce la sensibilità del male
è attratta dal fascino del proibito
è inquietante ma sincera.
La mia anima è nuda
è ancora bambina quando sogna
terribilmente vecchia quando insegue la logica
morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.
La mia anima è nuda
condannata dalla sua stessa sensibilità
ad un isolamento senza uscita,
non chiede più comprensione ormai
sa di averla data ma di non poterla ricevere.
La mia anima è nuda
dannata
salvata
ma dannata ancora.
Anime perverse, entrate in sintonia con me!
sono qui, se volete potete trovarmi
non ho maschere e non mi nascondo:
la mia anima è nuda.
LA MIA MENTE
Silenzi e vuoti intorno a me
quiete assoluta nella mia stanza
sguardo assente, occhi chiusi
la mia mente mi porta lontano fuori da qui
mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,
prende il largo sulle acque
attraversa un fiume tranquillo
che cancella i ricordi
e li fa scivolare via.
La mia mente
è volo di idee
ragnatele di ragionamenti
archivio di esperienze rimosse
cassetti colmi di dubbi incessanti.
La mia mente
è follia pura
immaturità e saggezza insieme
è un gigantesco pallone
che vaga rimbalzando continuamente
da un soffice sogno all’altro.
La mia mente
è finto silenzio
fantasie strane
vertigini e vortici di pensieri
spinta per vivere.
Crea una tempesta
non dorme la notte
incubi che si accavallano
sogni che nascono e rimangono sospesi
paure e solitudini senza fine.
La mia mente
è invasa di ricordi che si susseguono
notizie divorate
date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite
profumi di opere buone
domande senza risposte
amori cancellati e poi riscritti
sì che diventano no.
La mia mente
è un insieme di cose da dimenticare
una cantina di occasioni perdute
di progetti mai portati a termine
di ricordi nostalgici.
La mia mente
silenziosa corre, vola, sfugge,
anela, brama di sapere.
Va via col vento, più su delle nuvole
sopra gli oceani
sorvola spazi infiniti
raggiunge nuovi orizzonti.
La mia mente
mi convince
ha sempre la meglio
detta le sue leggi
ed io non posso sfuggirle,
la seguirò perché lei vuole così.
La mia mente
mi fa impazzire
mi fa venir voglia di scoppiare
mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.
Uccidimi il cuore!
la mia mente mi resterà ancora intatta.
Legami con una catena fortissima!
lei mi slegherà,
forse neanche la morte fisica
potrà riuscire a fermarla.
Ti prego mente mia
portami con te lontanissimo
nei grandi campi di neve dove il sole non c’è
nei deserti sabbiosi senza confini
nelle praterie immense
nei mari in tempesta
nelle cime vertiginosamente alte
nelle strade vuote senza fine
che portano al nirvana e all’estasi.
Portami o mente mia
attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,
le mie vene saranno fiumi tra le rocce
le mie mani pallidi monti nella notte
il mio sangue torrente rosso più del fuoco.
Solo con te sulla scia delle ninfe
tra cascate argentate, ghiacciai sterminati
i miei pensieri frustati dal vento
scatenati e prendi, prendi tutto di me!
VORREI
Vorrei vagare nell’universo
e cercarti ovunque,
nelle intrecciate tele di un ragno
nel fruscio delle foglie morte
nel dondolare dei rami stecchiti
nel profumo d’un incensiere
sfogliando la Bibbia
dinanzi al portone d’un antico monastero.
Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza
lontano dalla prigione d’un grattacielo
lungo le strade dell’inverno
ed osservare riflessa nel lago argentato
la mia immagine vecchia e deforme
trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca
e contare poi una per una
le perle della tua corona.
Vorrei capire chi sono
mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,
mostrandoti la scia luminosa dei ricordi
di quello che ero ieri,
l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,
la statua, la lapide e la polvere
di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.
Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia
tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà
e nelle annebbiate stanze del tuo nido
io mi sto sempre più addentrando.
Ed ora sento di poterti raggiungere.
Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei
vorrei chiamarti ma non so il tuo nome
vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente
in aria,
scompari quando credo d’afferrarti.
Eppure io ti inseguo da sempre
nei labirinti della mia mente,
cercandoti affannosamente
in ogni piccolo spazio
della mia camera vuota e solitaria.
E nelle lacrime della solitudine mia
che percorron lente il mio viso pulito,
vedo i miei sogni evanescenti
morire uno dopo l’altro
ed un bimbo,
quel bimbo che vive in ognuno di noi,
li porta con sé invecchiati
fino ad estinguersi
nel riposante approdo d’un obitorio.
NICO
Nico!
Ti ricordo ancora
avevi dodici anni, la mia stessa età
solo qualche giorno in meno.
Nico!
Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri
una bocca grande ma con pochi denti
ti facevo il verso
non te la prendevi.
Nico!
Eri sempre con le brache corte
e le gambe viola
per il grande freddo.
Nico!
Ma com’eri buffo
con quel cappellino con il paraorecchie
una grossa sciarpa fatta da tua mamma
come ci tenevi.
Nico!
Il compito in classe
lo copiavi sempre da me
eri furbo
non so come facevi.
Nico!
Insieme sulle piante
a buttar giù palle di neve
alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali
quelle proprio racchie.
Nico!
Non ti ricordi le mele
rubate insieme e mangiate di nascosto
in quel mercato rionale?
E le domeniche d’agosto?
correvamo per le strade deserte
c’eravamo solo noi
chissà cosa volevamo dalla nostra vita!
Nico!
Eri il mio migliore amico
un giorno mi dicesti:
“Se fossi nato femmina ti amerei”.
Quel giorno al doposcuola
ci presero un po’in giro
avevano scoperto
i nostri giochi strani.
Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,
di regalarti il mio affetto
quello che riuscivo a darti,
quello che potevo darti.
Nico!
Ma tu adesso cosa fai?
chissà se ti sei sposato, se hai dei figli
se pensi ancora a noi.
Com’era bello uscire da scuola!
e col sole o con la neve
tornare a casa
insieme.
Nico!
MADAME CLELIA
Un’emozione forte
si fa strada nei miei pensieri,
lenta scende come un’ombra
nella mia realtà ormai stanca
e tra la fantasia e l’età
mi trascina via con sé
in un tempo ormai lontano.
Mi rivedo di colpo lì
a spiarti dietro la finestra
di quella tua tenebrosa casa antica.
Sui miei undici anni appena compiuti
cadeva già il primo velo di follia,
e che sussulti, che tremiti segreti
in quelle mie inquiete notti di fanciullo
quando impaurito e rannicchiato
mi nascondevo sotto le coperte,
la mia prima masturbazione
la conobbi proprio allora e fu per te.
Madame Clelia!
Eri grande, troppo grande
forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.
Avevi perso il marito
ti avevano abbandonato i figli
io come un giocattolo, un barboncino
ero tutto quello che ti rimaneva
nella tua vita mai vissuta
sempre attesa, mai avverata.
Ancor adesso
a distanza di tanti anni
non so cosa volessi tu da me
né cosa avrei potuto darti io.
Ma ti giuro Madame Clelia,
tu sei stata per me una regina
ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,
mi chiedo come mai così bella dentro
nessuno, all’infuori di me,
ti aveva vista mai.
PAESE NATÌO DI MIA MADRE
Al tuo paese torni
con me
ogni tanto,
ma sei triste
pensierosa
non parli.
La tua fontana rivedi
i vicoli
la piazza
che a miglior tempo
ti furono amici.
Anche la tua casa
giace silente e vuota
negletti i fiori
accanto ai muri.
Guardi fissa la chiesa
e odi la voce
di chi la preghiera
t’insegnò a ripetere.
Vedi tutti i ricordi
segnati da croci
cerchi ma non trovi
la speme d’un dì.
IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO
È solo mio questo improvviso aprirmi
e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato
e poi simultaneamente
allargare le braccia all’universo che mi circonda
e respirare a pieni polmoni
come volessi trasportarlo in me
per sentirmi parte di esso.
E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria
lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato
me stesso bambino giocare in un cortile
e paragonarlo alla luna
distante anch’essa mille anni luce da me.
E continuare a rivivere nei ricordi
la spensieratezza della giovinezza
e nello stesso istante
dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo
ammirare spazi infiniti
nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo
Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria
e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato
per la prima volta,
e confrontare la luce limpida dei suoi occhi
con quella delle stelle
o semplicemente della stella cometa.
Ricordare infine i dolci versi
scritti in tenerissima età
nella mia prima poesia,
immaginando di trovarmi
tra fiorellini di campo di vario colore,
solleticati dolcemente da un leggero venticello,
mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre
e tanti piccoli animaletti festanti
tutti insieme
cantano la loro canzone alla primavera.
Capisco proprio in questi dolci momenti
di non essere solo
malgrado il tempo che passa
malgrado non abbia una compagna.
Intorno a me
vedo tutto un mondo magico
che pullula d’amore.
C’è tanta musica nell’aria che respiro
ed ora finalmente anch’io posso sentirla
e lasciarla entrare nel mio cuore.
Sono in simbiosi con l’universo.
SOLITUDINE UNIVERSALE
Uno spaventoso silenzio
avvolge tutto l’universo,
gli uomini come marionette di pezza
si susseguono nel tempo gli uni agli altri
e non nascono che per morire definitivamente.
Quanta gente nel corso dei secoli
mi ha soltanto preceduto!
uomini in carne e ossa proprio come me
col mio stesso sangue
con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.
Hanno vissuto in tempi diversi
e per età differenti
ma di loro non è rimasto più nulla!
Dov’è l’uomo delle caverne?
e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?
e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?
imperatori e papi, uomini comuni ed eroi
tutti scomparsi
nell’inesorabile scorrere del tempo.
Vorrei uccidermi subito
al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,
è strano come gli uomini
continuino a vivere con impegno
pur sapendo che dovranno morire,
anche se vivessero per cento anni
sarebbe sempre un soffio di fiato
rispetto all’eternità.
Ma poi mi consolo tra me
pensando che la solitudine non è solo mia
ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo
e non esiste gioia più grande
del sentirsi parte di questa immensità
pur consapevole della propria piccolezza
e piangere l’intima fragilità
in un pianto accorato e senza speranza.
Così mi nasce dentro un’emozione fortissima
che, anche se nata dalla disperazione
è pur sempre un’emozione
e subito dopo rido, rido e ancora rido.
Ormai più nulla ha valore per me.
Scopro la dolce ebbrezza del non senso,
non m’importa della seduzione della fede
né del ragionamento della scienza.
Sono totalmente felice
e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine
che ora riesco a proiettare nel cosmo
e la solitudine dell’universo
è la mia stessa solitudine
e mi dà conforto
mi rende grande.
L’ALBA DELL’UOMO
Da un chiarore lontano
spunta l’alba
repentinamente
e colora di luce il nuovo mondo.
Intorno,
piante stecchite
animali selvatici
grotte e caverne buie.
Si svegliano anche gruppi di scimmie
sono nude come vermi della terra,
schiamazzano
litigano
si riuniscono.
Qualcosa sembra dire loro:
“Uniamoci
e combattiamo insieme”,
una battaglia che durerà nei secoli
sino alla fine dell’universo
se fine ci sarà.
MIA EVA
Mia Eva! Inizio della fine
sei tu la prima donna
l’origine delle mie perversioni
il pretesto per la mia follia
la madre dell’animale che è in me,
hai creato il mio istinto che ormai è morboso
il mio desiderio che è già sporcato.
Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli
io ti osservo nuda, allucinante visione,
misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.
Dammi la mela ti prego, che aspetti?
voglio mangiarla!
è eccitante peccare
se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.
Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?
Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.
Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità
di lavorare, sudare e morire
di bruciare nelle fiamme dell’inferno,
l’importante è averti accanto.
Sei tu la causa del mio male
ma lo stesso male è ambiguo
cambia forma quando credo di conoscerlo.
Dal giorno che mangiasti quella mela
ogni uomo è sempre guidato
dalla follia d’una donna.
IL MIO FUNERALE
Come quando ci si toglie un abito
così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi
ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.
Lento veniva trasportato
un corpo straccio
dentro quella bara
avara di ghirlande,
quel corpo era il mio
sì, ero io.
E quel carro funebre
attraversava le strette vie
che portavano a quel piccolo cimitero di collina
dove io fui sepolto
e riposo di già.
Scialli neri
vecchie facce coperte da veli
silenziosa processione,
dormiva mio padre
piangeva mia madre
quell’accompagnamento era il mio
sì, era il mio
ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo
al di là dello spazio
e dall’alto osservavo stupito
quello strano spettacolo
sulla mia morte.
LO STRAZIO D’ESISTERE
Urlo di masse
voci, passi, gesti
tra pietà curiosa e fanatismo,
irrazionale catena di incubi e fobie
ai margini dell’ossessione.
La personalità umana si lacera
il senso dell’alienazione incombe
la coscienza si smarrisce.
Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,
contagiato dalla multanime esistenza
affogo lentamente nel caos
e non ho scampo
se non nella perfetta solitudine.
LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA
Da una bimba e un pianto
nacque lei
piena di paure e ingenuità
chiara e trasparente
dai suoi occhi si affacciò
e da quelle ciglia sottili
piano piano scese giù.
Attraversò quel viso
dai lineamenti dolci
pulito di bambina
e per il mondo
sola sola
s’incamminò.
Ma era troppo ingenua
non conosceva il male
e la sua vita
era già in pericolo.
E passarono in fretta gli anni
e anche le stagioni
venne presto l’inverno
portando con sé la pioggia.
Tante grandi gocce
cadevano giù dal cielo
tutte insieme,
erano prepotenti
si spingevano tra loro
si bisticciavano.
La dolce lacrima ben presto
si trovò sommersa
cercò di ribellarsi
ma era troppo buona
e non aveva la forza.
Così per non morire
pensò di tornare
dentro quegli occhi
dov’era nata.
Sola e stanca
cercò quella bambina
la cercò dovunque
e la trovò alla fine.
Ma era ormai cresciuta
non era più bambina
il suo viso era truccato
non si ricordò di lei
e la cacciò via con forza.
Così la povera lacrima
restò proprio sola
in balìa di tutti
senza alcuna difesa.
Vagava per il mondo
ignorata da chiunque
sembrava invisibile
trasparente
proprio come una lacrima.
E venne il sole
e con la sua luce
forte forte
la illuminò.
Ma era ormai vecchia
allo stremo delle forze
e lentamente
si sciolse da sola.
Finisce così
la sua insignificante vita,
la sua insignificante storia
e nel silenzio,
la gocciolina
muore.
Così è il mio destino
la storia di quella piccola lacrima
è uguale alla mia.
R I S U S C I T A M I
Maestro, ho tanto bisogno di un miracolo
trasforma la mia vita e tutto in me
da tempo non vedo più la luce
hanno spento già la mia gioia di vivere
umiliato la mia speranza,
vedo i miei sogni cancellati tristemente
lacrime di solitudine bagnare i miei occhi.
Maestro, non ho altro che io possa fare
solo tu hai tutto il potere,
sono seppellito come Lazzaro in questo sepolcro di disperazione
c’è un macigno che Satana ha messo davanti.
Maestro, chiama il mio nome ti prego
ascolterò con fede inginocchiato la tua voce
rimuovi la pietra delle mie paure e chiamami ad uscire
fai rivivere i miei sogni: liberami!
Sospinto dalla fede che c’è in te
sicuro d’una vittoria che tu solo dai
risuscitami.
ALBA
Alba!
tu stai sorgendo,
silenziosa brezza nell’aria,
leggiadre ali intorno.
Alba!
tu stai spargendo
il tuo colore
sul mare
addormentato.
La tua pace
mi sta
cambiando.
La mia anima,
svegliandosi,
si sta aprendo all’amore
verso l’infinito.
Io sento
che sto per nascere
sì,
lo sento,
io sto nascendo.
IN SILENZIO
Io e te,
mano nella mano,
camminiamo verso il sole
guardandoci in silenzio.
Le nostre orme sono raggi di luce,
nel loro chiarore, riflesso,
osservo il tuo viso dolcissimo
che m’incanta, in silenzio.
Siamo solo noi due,
creati l’uno per l’altra,
rapiti da questo sole immenso.
Un amore senza fine grande più di noi
ci trascina via lontano
e tu esisti ormai dentro di me
ti sento in ogni parte del corpo,
tu sei l’aria che sto respirando,
sei la mia stella che brilla nel cielo.
Vicinissimi, avvolti dal calore,
noi ci amiamo sfiorandoci in silenzio.
Siamo in viaggio da qui all’eternità,
eroi di un sogno in questo breve vivere,
non svegliamoci mai,
ed ora, in quest’istante magico,
tu ed io siamo un solo essere,
non so più dove finisci tu e comincio io,
dove si dilegua il sogno e appare la realtà,
ora tutto acquista un senso
e finalmente scopriamo insieme
che c’è qualcosa di noi,
un motivo per vivere.
Non siamo più soli,
finché mi starai vicina, saprai tutto di me,
avrai il meglio di me stesso
e tu con me sarai sincera.
Stringimi la mano più forte,
sei l’unico scudo tra me e il mondo,
ho bisogno di te per non morire.
PRIMO AMORE
Un’ondata improvvisa di luminosi ricordi
sommerge per un attimo i duri scogli della mia realtà
e la schiuma che ritorna al mare,
lascia un immenso prato verde
ricamato morbidamente dalle esili mani della primavera
e in quel giardino, d’incanto,
sbocciarono fiori di mille colori e ali dorate di farfalle,
lì v’era un bimbo che inseguiva felice il volo d’un aquilone
ed una bambina
che sfogliava dolcemente i petali d’una margherita.
Era bello correre insieme a lei, mano nella mano,
tra le spighe di grano più alte di noi
e l’azzurro del cielo che sembrava così vicino, non finire mai,
saltellare a gara con i cerbiatti,
e seduti in riva al ruscello,
gettare ramoscelli sull’acqua per vederli galleggiare dolcemente
e all’imbrunire, sudati e sporchi di terra,
scappare sul colle più alto
ed osservare il volo libero di stormi di gabbiani su oceani limpidi,
aspettare in silenzio l’arrivo dell’arcobaleno con i suoi mille colori
e lì: “Io ti voglio bene anche se non so baciare” le dissi
col cuore che batteva forte come un uragano,
lei sorrise, mi baciò la guancia
e sbocciava così il mio primo amore
mentre una cicogna volteggiava in festa per me.
Ed ora, proprio in quest’istante mentre ti bacio amore mio,
io rivivo l’emozione d’allora,
la stessa gioia ti giuro, lo stesso candore
e quanti ricordi ancora vorrei rivivere con te,
non più da bambino, ma da uomo ormai,
quante piccole emozioni nascoste in fondo al mio cuore
vorrei regalarti!
quanti segreti avrei da svelarti!
Ma tu … tu non capiresti mai
perché non so capirmi neanch’io
e non so come mai stai con un ragazzo come me
che ha ancora quei prati vergini nell’anima,
che resta sempre solo anche se tu sei qui vicino a me
pronta ad amarmi: che buffo!
Ti prego non dirmi che sono un bambino
anche se non so far l’amore,
anche se il mio mondo è ingenuo.
Tu mi sorridi e sfiorandomi la mano, mi dici:
“Non esiste al mondo ragazzo migliore di te”.
Amore mio,
io ti amo per non sentirmi solo,
per sorridere e volar via,
per vincere la paura che c’è in me,
per fermare la mia giovinezza che va via.
Amore mio,
è così naturale essere felici,
come mai la gente non lo sa,
non mi crede!
DOLCISSIMA STELLINA
Dolcissima Stellina,
timida come un pallido sole dietro le nuvole,
tenera come un piccolo usignolo addormentato sul nido,
dal sorriso luminoso e fresco come stilla di rugiada
tu sei per me il sogno d’una notte incantata,
l’effimera illusione d’un amore irrealizzabile.
Sei in questo mio vivere terribilmente oscuro
come una luce fioca
che da lontano cresce… cresce… fino ad abbagliarmi l’anima
col tuo modo di muoverti sublime come ali di cigno
e la tua voce melodiosa come cori di augelli.
Lacrime lucenti di gioia
brillano adesso nei miei occhi.
In un attimo tu hai riempito di bello il mio cuore,
dipinto di sogno la realtà
ed io non vorrei mai più svegliarmi da questo momento magico.
Sembra quasi d’averti già conosciuta tanto tempo fa
in qualche sogno lontano chissà dove
e se guardo attentamente nel fondo dei tuoi occhi,
scopro in essi l’infinito vibrare
e tu ed io uniti che voliamo via sempre più su senza limiti,
dileguandoci come due gabbiani liberi verso l’orizzonte.
Restano ammutolite nel mio silenzio magico
mille parole, mille sensazioni
che sento ma non riesco ad esprimerti,
non so come spiegartelo
ma avverto dentro, qualcosa d’indefinibile, mai provata prima,
meravigliosamente reale al tempo stesso:
un bene prezioso e profondo sommerso in me stesso
come il rosso corallo negli abissi del mare.
Da una vita sono in cerca di te
ma tu sei più di quanto aspettassi.
Dolcissima Stellina
Abbi cura di te, ti auguro di non cambiare,
resta quel germoglio che sei adesso.
Non gettare al vento il fiore della tua giovinezza,
non smarrire col tempo la purezza dei tuoi sguardi,
l’armonia d’ogni tuo gesto
perché solo tu riesci a sorridermi con gli occhi,
hai in te qualcosa in più che appartiene solo agli angeli:
che ne sarà mai del tuo viso innocente e pulito
quando, domani, cadranno le lacrime degli anni?
e quel giorno, ora tanto lontano, ti ricorderai di me?
Addio mia dolcissima Stellina!
avrei voluto darti molto di più
tornando adolescente insieme con te nel tuo mondo
ma sono dai tuoi anni
ormai disperatamente lontano.
Ti lascio in questa poesia
il mio ricordo di ragazzo solo come te
ed ogni volta che la leggerai, d’incanto,
non esisteranno più barriere né distanze tra noi due,
io, di colpo, rinascerò in te
e tu, specchiata nella mia anima,
sarai qui vicino a me.
BELLA MESSINA
Come chiave d’oro che apre al paradiso,
Messina spalanca la porta alla Sicilia perla incantevole.
Bella Messina,
che si lascia corteggiare da due mari,
contemplata dall’alto dalle sue montagne,
sempre spettinata dal vento,
bagnata dal mare ed asciugata dal sole,
Messina presa per mano dalla Madonna.
Bella Messina
quando dondola dolcemente le navi del suo porto,
quando incoraggia e protegge il sudato lavoro dei suoi pescatori,
quando saluta piangendo ma aspetta con ansia
il ritorno d’un suo figliuolo che s’allontana senza lavoro,
quando, nelle sue ville, accompagna il lento andare d’un vecchio,
guarda commossa gl’innamorati delle sue panchine,
gioca trasformata in bambina con i suoi piccoli.
Bella Messina
quando si tinge di giallorosso dietro la sua squadra,
quando si pavoneggia per accogliere i forestieri,
quando, tutta parata, si trucca con i colori della vara
ed il mito dei Giganti,
divertente e scapestrata come il suo dialetto.
Messina lunga donna dagli esili fianchi
con gli occhi blu come il suo mare
ed i capelli d’oro come il sole delle sue spiagge,
baciata sulla superficie del mare da mille gabbiani,
che col suo stretto maliziosamente s’avvicina
senza lasciarsi toccare,
Messina che all’alba apre gli occhi sul mare
e di notte s’addormenta sotto un lenzuolo di mille luci.
Messina solare dalle ali libere verso l’orizzonte
con gli occhi luminosi mai annebbiati,
sposa d’un clima ch’è armonia in ogni stagione,
Messina che con frutti e fiori profuma di primavera.
Bella Messina
defunta ma risorta dopo il 1908,
Messina che vuole andare avanti,
che non vuol morire più,
vestita ormai di abiti sempre più moderni.
Bella la mia Messina
è la mia terra, la mia città,
qui sto bene, sono felice.
Ogni sua strada, ogni sua via
è casa mia, il mio giardino.
In lei sono nato
ed in lei voglio morire.
TU BAMBINA
Tu bambina, tu semplicità,
tu gioia e serenità, tu l’infinita innocenza.
Tu che vivi felice i giorni della tua giovinezza,
tu che ti affacci con paura alla tua adolescenza.
Dai tuoi occhi traspare ancora
la magia di un mondo che sa di fantasia
e chissà se il tuo piccolo cuoricino
riuscirà ad esprimere ciò che sente dentro.
È sbocciato adesso un amore
e forse stai provando qualcosa che non hai mai provato prima,
sarà per te il primo dolore
ma sarà dolce lo stesso come il succo d’una caramella,
e le prime lacrime
avranno ancora lo splendore della tua innocenza.
I tuoi pensieri sono di amori fugaci,
i tuoi giochi tenere primavere
e tu ora dondoli spensierata nell’altalena dei tuoi desideri
come quando stringevi la tua bambola
che hai perso ormai.
Dipingerai di sogno i tuoi giorni,
colorerai d’arcobaleno persino i tuoi disegni
e li annoterai dolcemente nel tuo caro diario.
Vorrei regalarti una vetrina e riempirla dei tuoi sentimenti
così chiunque, sostando lì,
scoprirebbe la ricchezza che hai dentro.
Crescerai in fretta e non mi vedrai più con gli occhi di bambina
so che ti perderò per sempre.
Mille ed infinite parole non bastano a descriverti,
mille ed infinite poesie
non potranno farti capire quanto sei importante
ma quello che provi dentro non crescerà mai,
servirà a farmi rivivere ricordi di adolescenze perdute.
Con te bambina
correremo insieme e voleremo via lontano
verso nuovi orizzonti,
lì, resteremo per sempre
anche se dovrò dirti mille ed infinite volte: “Tu bambina”.
LA FINE DELLA CICOGNA
Un serpente velenoso
s’insinua vischioso nel mio giardino d’infanzia,
due mani sporche di fango,
maliziosamente,
rubano al mio impubere corpo l’innocenza.
Sui miei occhi appena aperti
calano inesorabili ombre senza più luce.
I sorrisi ingenui delle fate
divengono tentacoli della paura.
Muore sbocciando quel fiore reciso
che non crescerà più.
Mi hanno ucciso la cicogna
e con lei anche Gesù Bambino.
NOSTALGIA
Le inquietudini del mio primo bacio
e poi le affascinanti scoperte intime,
i primi turbamenti,
quei peccati d’una età che non torna più,
scomparsa per sempre.
E tu sorellina timida timida
ed io fratellino impacciato e buffo,
tra sguardi e silenzi ci spiavamo dentro l’anima,
imparavamo ad amare.
Cerco invano di ricreare quegl’innocenti momenti intensi,
provo con la fantasia a tornare bambino
insieme con te nella poesia di quel nostro magico mondo,
mi ritrovo il fantasma d’un uomo
già inesorabilmente invecchiato.
Quelle due giovani creature
ora son come cristalli di ghiaccio d’un viso d’inverno.
Quell’antica primavera
è ormai neve e gelo.
RICORDO D’UNA RAGAZZA SCOMPARSA
Le serate passate sulla nostra scogliera,
il bacio lì, in riva al mare
col tramonto che ascoltava le nostre anime
mentre il mare suonava la nostra canzone.
Tanti ricordi, tanti momenti felici,
tanto amore.
È questo che vorrei gridare in silenzio
ma a che serve ora che non ci sei più?
La tua vita è stata troppo breve
come il nostro amore.
Forse il tuo compito
era farmi provare un sentimento nuovo per me: l’amore
per poi scomparire come un angelo.
Sei salita al cielo
ed ogni notte, piangendo,
cerco di vederti tra le stelle.
Addio per sempre!
SPERANZA
Nel buio della mia solitaria esistenza,
proprio sul punto di smarrirmi,
vorrei improvvisamente incrociare la luce dell’amore,
tra mille volti riconoscere il tuo soltanto,
e come un bambino,
di colpo,
scoppiare a piangere di gioia.
VIAGGIO NELL’ANIMO MIO
Muta di parole e sguardi,
la mia mente vaga lontano in penombra
dove il pensiero non ha confini
e tutto può sembrare reale.
Così, col bisogno del ricordo e del pianto,
penso al mio passato e alla sua perduta giovinezza,
al mio presente fatto di tempo fuggente,
al mio futuro sconosciuto ed incerto nelle sue mille paure.
Quanta dolcezza nel guardarsi dentro e perdersi in sé stessi!
Quali emozioni
nel vagare libero tra solitudini e silenzi profondissimi!
Mi scuoto
e lentamente mi desto da un viaggio
nel profondo della mia anima,
del mio essere così fragile, così indifeso
rispetto alla grandiosità della mia vita.
VOLO
Ho aperto i miei occhi, liberato la mia mente
sfidando tutti i miei limiti,
ho lasciato alle spalle gabbie, catene,
labirinti, muri insormontabili,
e quell’uomo morto ch’ero ieri
e che oggi non riconosco più,
fino a ridere della mia disperazione del passato,
persino la morte sembra inchinarsi
alla mia nuova voglia di vivere.
Dentro di me
l’oscurità s’è trasformata in un riverbero di luce,
nell’anima esplode
l’incredibile forza dell’amore verso la vita.
Vedo nuovi orizzonti
distendersi davanti ai miei occhi.
Intorno a me
spazi infiniti m’invitano a raggiungerli.
Tutto è ancora da scoprire
e mi sta aspettando,
e con l’entusiasmo di un bambino,
m’accorgo per la prima volta,
quanto sia meraviglioso vivere.
Non ho più paura ormai.
Solo,
con il vento in faccia,
apro le mie ali
e mai più mi fermerò.
Finalmente adesso volo.
RICORDI
Si dirada come per incanto
la nebbia che mi avvolge
e s’apre d’improvviso il cielo
col suo manto azzurro,
torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi
come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.
Mi vedo a otto anni
quando avevo un’amica soltanto
che volevo bene come sorella.
Ricordo ancora come fosse ieri
i suoi capelli neri a boccoli
che le coprivano quell’esili spalle
come schiuma del mare accarezza gli scogli.
Era una bambina orfana
e la sera, quando andava a dormire,
si addormentava con due pupazzi vicino:
un orsacchiotto grande suo padre, una Barbie la madre,
aveva un segreto, teneva quei pupazzi sotto il cuscino.
Mi chiedeva spesso:
“Come mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”
non sapevo mai risponderle.
Da grande sognavo già di sposarla,
le dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva
ed io mi vedevo in un teatro affollato
con tanta gente in piedi ad applaudirmi.
A quindici anni
evitavo i compagni, i giochi e le feste
e restavo da solo per ore
ad osservare la distesa infinita del mare,
una voce dentro mi ripeteva sempre:
“I sogni non muoiono mai”.
Cercavo la libertà,
mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,
immaginavo di volare via per scoprire il mondo
senza ritorno, senza fermarmi
come un’onda senza mai una spiaggia
ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,
si perdevano in lontananza,
laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.
Son diventato uomo troppo in fretta
e non riesco più a sognare.
Cerco ancora l’arcobaleno d’allora,
trovo le inquietudini di adesso.
La speranzosa attesa d’un tempo,
le antiche illusioni,
come oggetto prezioso caduto per terra
e frantumato in mille pezzi,
sono morte e crollate inesorabilmente
nell’amara consapevolezza del nulla che mi circonda.
Ma perché bisogna dire addio
sempre alle cose più belle?
alle delizie che promette ma non concede la vita?
Rassegnati animo mio,
le tue domande non conosceranno mai risposte!
IL TRENO DELLA VITA
E il treno corre,
corre lontano sui binari della vita,
lungo la strada del mio dolore.
Va via velocemente
proprio come i miei anni,
il mio tempo che scorre.
Dai vetri del finestrino il quadro cambia sempre
vedo montagne invalicabili di paure,
pianure non più verdi di speranze invecchiate,
laghi salati di pianto amaro.
Vedo fiumi, violente cascate trascinare via tutto quanto,
mari in tempesta come i miei pensieri irrequieti.
Vedo gallerie coprire il sole come i miei momenti bui,
prigioni di tanti limiti ed arrese,
miraggi di felicità nei deserti della mia esistenza,
il cielo dove non ho mai volato,
lontane isole esplorate solo nei sogni,
nebbia lontana e foschie senza amore, senza fortuna
e poi
file di alberi e nuvole passare come un susseguirsi di emozioni,
paesi e città fuggire malinconicamente come i ricordi più belli,
prati verdi dove correvo sull’erba da bambino,
rivedo mia madre aspettarmi a braccia aperte,
odo nel vento la sua voce che mi chiama.
Il treno corre
la sua corsa senza fine
senza ritorno, senza fermate
ed io via con lui
m’allontano sempre più senza sapere dove andrò,
certo di perdermi solo
come un vagabondo senza famiglia.
Addio casa mia d’infanzia!
Addio amici della mia adolescenza!
Addio giovinezza perduta per sempre!
Quanta struggente nostalgia mi avete lasciato!
Com’è triste non poter tornare indietro!
Ma perché la vita è una corsa continua?
Perché la fine di un viaggio non c’è mai?
Mi fermerò soltanto
quando giungerà l’autunno con la sua folata gelida,
come foglia ormai ingiallita,
sarò strappata dal mio albero,
trascinata nel vento.
LA FRASE PIÙ BELLA
“Se per gli altri ormai sei grande
per me resterai sempre il mio bambino”.
È la frase più bella che mi hai detto
e che da sempre avrei voluto sentire.
È un pensiero profondissimo,
a tal punto che neanche tu puoi capire quanto.
Forse è Dio che ti ha ispirato
per rendermi felice.
Tu mi hai gettato in mare un’àncora di salvezza
dove io mi aggrappo con tutte le mie forze per non annegare
e trovo le mie poesie, il tuo amore per me.
Nessuno malgrado i propri sforzi
è mai riuscito a cogliere la mia ricchezza interiore,
la mia sensibilità profondissima, la mia particolarità,
il mio disperato bisogno d’amore.
È solo riuscito a intravedere
come sono dentro
ma in lontananza
senza mai percepirmi a fondo.
In questo mondo dell’immagine
l’apparire conta più dell’essere
anche perché spesso l’essere non c’è.
Amante della solitudine e della tenerezza,
senza nessuno che mi somigli,
cerco da sempre
un’anima che mi comprenda.
ATTRAVERSANDO IL SOLE
Da questo carcere,
chiuso dietro le sbarre,
vedo il sole uscire dai monti.
La sua luce m’abbaglia.
Continuo ad osservarlo
con l’anima aperta alla speranza
ed i miei occhi rimbalzano sul suo splendore
e vanno su te
che sei così tanto lontana
al di là della mia immaginazione.
Ti vedo riflessa nel sole in controluce.
E tu puoi guardare me.
Tu ed io alle due estremità d’una scia luminosa
che ci avvicina passo dopo passo
unendoci sempre più.
Ci veniamo incontro
percorrendo raggi di luce.
Ora tutti sono morti,
sono più vecchi
ma noi due siamo ancora insieme nell’aria
come bambini
attraversando il sole.
PREGHIERA D’UN’ANIMA IN PENA ALLA LUNA
Luna,
tu muta e bianca
sul destino degli umani
posi silente lo sguardo.
Solinga e distante,
sorella del buio e delle ombre,
non ti diletti e non piangi
ma taci,
osservi e sempre taci.
Eppure chi può dirmi se non tu sola
se è per natura perdente l’umana sorte
o se riposerà alfin ciascun mortale
e avran sollievo le sue notturne paure?
Vorrei chiederti o mia cara luna
a che serve vivere
e dove porta questo terreno viaggiare,
per cosa si arresteranno i battiti del mio cuore?
Ma tu mi appari misteriosa e vana
come lo è tutta l’esistenza umana
senza risposte, né certezze,
incurante della mia anima che anela, brama di sapere.
Io fragile essere, piccolo e limitato
tu immortale creatura d’uno sconfinato universo,
eppure quanta grandezza nell’umano spirito
nel desiderare l’infinito pur comprendendo la propria piccolezza!
Silenziosa luna presto dovrai andar via,
l’alba si sta svegliando,
la terrena notte illuminerai nuovamente alla fine del giorno
ma gli occhi del mortale uomo rivedranno ancora luce?
e le piante e gli animali tutti qual destino avranno?
Luna
musa ispiratrice di poeti e cantanti,
meta irraggiungibile di sogni lontani,
compagna notturna di viandanti e zingari,
lascia che io alzi lo sguardo fino a te,
ultima sconsolata preghiera d’un’anima in pena.
Tu luna vegli sopra uno strano mondo
fatto di pazzi.
Qui non c’è amore né comprensione
ed io non voglio più starci.
Un immenso buio
ha schiuso le ali sul mondo
e sul cuore degli uomini,
e questa notte sembra non aver mai fine.
Addio anche a te luna!
la mia solitudine è ormai segnata
in un presagio di morte
che prelude al pianto.
SOGNO
Io cerco
quel che non esiste
e che nel nulla svanisce
in un effimero sogno.
IL MISTERO
Rapito dal tuo vortice
sto scrutando il tuo cielo infinito,
volteggiando nel tuo vento impetuoso,
naufragando nel tuo mare in tempesta,
sprofondando nei tortuosi meandri della mia mente,
ma sto solo impazzendo
perdendomi in un labirinto enorme.
Scopro l’ignoranza della scienza.
Smarrisco la mia fede.
Rimango spaventosamente affascinato.
MORTE SOLITARIA IN UN CIMITERO DESERTO
Odore di morte, ricordi segnati da croci,
paura angosciosa, solitudine senza fine,
tristezza cupa, silenzio assopito,
pianti accorati, rosario di dolore.
Lumicini ardono, crisantemi ornano le tombe,
fotografie di gente che non è più,
ombre vaghe di cipressi,
aria che trema di fiamme e di preghiere,
io che diverrò cenere, sarò ombra di nulla,
niente rimarrà di me:
e quale conforto potrò avere,
perduto tra volti sbiaditi di fotografie d’epoca,
dagli occhi tristi dei posteri?
Una bimba inginocchiata su una tomba,
col cuoricino infranto e gli occhi che s’apron a stento,
unisce le sue labbra e per due volte le dischiude
supplica e singhiozza un nome santo,
il nome della sua mamma.
Un angelo sceso dal cielo
su lei schiude le ali,
e non visto,
nelle mani raccoglie quelle stille viventi per il suo Signore.
Io, smarrito, da solo,
come un uccellino spaurito,
vado per le vie di un cimitero deserto.
Con la mente nel buio
cerco la mia tomba.
Quì dentro tutti mi somigliano
loro morti davvero, io defunto dentro,
con i morti ci so stare.
Io muoio pian piano così
nel triste rosario delle cose che non han ritorno
ma tutto rimarrà com’era,
la mia vita è inutile,
nessuno mi ricorderà,
nessuno s’accorgerà che sono andato via.
Io solo nella vita,
io solo con la morte addosso.
Tomba abbandonata in un angolo oscuro,
faccia sbiadita dal pianto,
occhi già ciechi nel buio,
rughe sul mio viso ancora giovane.
Anima mia stanca, ricordi che non avuto mai,
sogni svaniti nel nulla, speranza affievolita dal tempo,
amore che non mi riscalda più, giovinezza che non è più mia,
morte che mi viaggia accanto.
Questo son io, altre parole non servono.
Eppure la voglia di gridare,
di ridere forte, di spaventare la morte,
c’è ancora dentro me.
Eppure sono figlio della luce, brillo sotto il sole,
ho ali per volare, un cuore per amare,
una mano tesa ancora c’è,
ma il mio sangue è fragile per vivere, troppo fragile!
getto via l’acqua pur assetato di vita
e chissà, forse qualcuno mi capirà,
mi darà il suo sorriso, mi salverà.
No, il buio, no!
Ma poi torno in grembo all’eterno destino.
Il tempo è crudele con me,
mi strappa via dalle cose che sentivo più mie.
La vita è una corsa inarrestabile,
gli anni scivoleranno su me ed io non potrò più fermarli,
so bene che soffrirò, invecchierò,
piangerò tanto, morirò.
Aspetterò in silenzio,
questo tempo nemico della bellezza sciuperà il mio corpo,
trascinerà via la mia ultima fiamma,
disperderà ogni mia speranza,
qualcun altro la raccoglierà.
Tutto fugge e va via veloce portando via anche me
ed io mi accorgo che non mi resta niente,
forse solo una lacrima perduta
in fondo al mio cuore,
forse solo il bene che ho dentro
che mi fa amare di più.
Ed io sto male
e piango in silenzio nel buio della notte,
nascondo nel pianto la mia poesia.
Signore,
ho un vuoto dentro
e in questo vuoto non ci sei tu,
dammi la forza di supplicarti ancora,
di chiederti amore.
Non desidero successi e ricchezze terrene, solo la tua presenza in me.
Le mie parole in una preghiera,
volano in cielo
e fanno piangere Dio.
Signore, ma come faccio ad essere così cieco
tu sei davanti a me
ed io continuo a dirti “non ti vedo”.
Ho perso tutto ma posso ricominciare con te ritrovando me stesso.
NULLA ETERNO
Non vi fate sedurre,
non esiste ritorno,
non c’è nulla dopo,
morrete come tutte le bestie
divorati da vermi.
COME IN UN INCUBO
Penso agli anni della mia giovinezza
che mi sono lasciato alle spalle
e, per nostalgia,
mi viene una gran voglia di piangere
e un terribile timore d’invecchiare e di morire.
Mi sento dentro
terribilmente solo e smarrito
con una forte e struggente
paura nell’anima,
come in un incubo
dal quale non posso svegliarmi o fuggire.
Qualcosa che non riesco a scacciare
mi opprime e tormenta
ma non so cosa sia
contro cosa combattere,
lentamente mi succhia l’energia.
Il tempo che mi rimane davanti,
oscuro e minaccioso,
è una clessidra di morte
che m’avvicina sempre più alla fine
inesorabilmente.
QUESTA VITA BREVE
Non camminare piano
quando puoi correre,
e non ti accontentare
se ti accorgi che puoi volare,
e non restare muto
quando puoi gridare.
Ascolta la voce della natura
e piangi quando hai voglia di farlo.
Vivi intensamente l’amore,
rincorri la tua felicità.
Apprezza il valore della salute,
ama chi ti sta vicino come se lo vedessi per l’ultima volta.
Non rimandare a domani quello che puoi fare ora,
non indugiare e non procurarti rimpianti,
questa vita è talmente breve ed imprevedibile,
la vecchiaia e la morte son sempre in agguato
come belve affamate, sbranandoti quando sei isolato.
SOLITUDINE E LIBERTÀ
Solitudine è libertà,
libertà è solitudine.
Voglio essere completamente solo
per sentirmi veramente libero.
PRIMAVERA
Petali di fiori,
ali di farfalle,
canti di uccelli,
profumi nell’aere.
Il sole che sorride,
il cielo che sta a guardare.
L’ARMONIA DEL CREATO
Da ogni notte buia
rinasce sempre il sole
così come dal bruco
fuoriesce ogni volta una crisalide.
E fra una stella lassù ed una lucciola quaggiù
nessuna distanza, la stessa luce.
Tra Dio e l’ultimo insetto creato
nessuna differenza, la stessa perfezione e l’identico amore.
Ogni cuore che palpita,
anche il più piccolo che esista nell’universo,
è un battito di vita e d’amore.
LUNGO LE STRADE DEL MONDO
Girando a lungo per le strade del mondo
ho incontrato tanta gente:
bianchi e neri, ricchi e poveri,
santi e carcerati.
Ho conosciuto servi e re,
cristiani e musulmani, suore e prostitute.
All’apparenza
mi sembravano diversi gli uni dagli altri
ma poi li ho visti piangere
tutti allo stesso modo.
Ho capito dentro di me
che esiste una sola razza: l’umanità,
un solo gesto: la solidarietà.
DOLCE SILENZIO
Dolce silenzio
cosa mi nascondi?
chi può dirmi se m’inganni?
se dolori e tempeste son prossimi?
e mentre io,
estasiato,
dalla dolce tua magia mi lascio rapire,
chissà quant’altra gente
soffre, si dispera, s’abbandona.
Dimmi o dolce silenzio
dov’è celata la chiave dell’umana esistenza?
Che sarà di me?
e fin quando goderti posso?
perché eterno peregrinar è questo nostro viver
e quel poco di pace che mi vuoi offrir
è gran gioia per me e di essa mi nutro
errando solitario per i campi
tra immote piante e assopite creature.
Dolce silenzio,
immenso tu sei
ed il mio esser fragile
dinanzi a te si perde sotto l’azzurro del cielo
come piccola cosa tra le innumerevoli cose,
come formica d’un enorme formicaio
persa tra tutte le altre.
O dolce e profondo silenzio
che all’eterno sonno somigli,
prendimi con te e invasami,
i miei tormenti assopisci,
e nel tuo languor pacato,
supino m’addormento in un dolcissimo morir,
forse senza mai più mirar
la viva luce del sole.
LA LEGGENDA DI CAMILLA
Chi di realtà si nutre
defunta ombra del nulla eterno è,
chi ai sogni crede,
la collera del tempo affamato
vincerà nei secoli.
Fra i castelli fatati dei mie sogni
Illa io ti sto inseguendo,
è la tua leggenda.
Gelosi folletti la raccontano in sogno.
Una notte di duemila anni or sono,
Camilla, una leggiadra ed esile ancella,
scrisse nel suo cuore:
“L’amor non vien da me, la fede stanca illusione,
la mia tenera età fior che appassisce,
ai sogni affido il mio avaro destino”.
Disperata ma senza lacrime,
corse verso quel dirupo che dominava quella valle
incantata da filtri magici, popolata da gnomi,
e da lassù altissima si gettò
gridando al vento prima di schiantarsi al suolo:
“Io vivo e vivrò per sempre”.
Sopra quella valle,
il tempo arrestò la sua corsa affannata
e, come per incanto, tutto restò immutato.
Ed ancor oggi, duemila anni dopo, il viandante solitario
che ignaro non conosce la storia di lei
ed attraversa quell’angusta e remota valle,
senza veder né capir nulla,
ode nel leggero mormorio del vento,
l’eco della voce del fantasma di lei
che ripete ancora:
“Io vivo e vivrò per sempre”.
Sì, nella mia fantasia,
tu Illa sei viva
e vivrai per sempre
con me.
IL VOLTO INQUIETANTE DEL MIO MALE
Vorrei svegliarmi da quest’incubo,
gettami acqua fresca in viso,
il ghiaccio mi assale,
scaldo le mani con un po’ di fiato.
Cerco in me una via d’uscita
ma non esiste fuga,
non c’è posto per nascondersi,
proteggermi non puoi.
Diverso da ogni altro,
nella terra di nessuno,
tutto intorno tace
in un silenzio irreale.
Guido senza meta,
faccio sesso senza amore,
riflesso in uno specchio
c’è un fantasma al posto mio.
E non trovo le parole
per spiegare ciò che ho,
ogni cosa intorno a me
appare sadica e crudele.
È inutile sforzarsi
di essere normale,
non posso fingere a me stesso
proprio non funziona mai.
Trascinato dentro un labirinto enorme
vedo stanze tutte uguali;
in ognuna di esse
mi attraggono piaceri sempre nuovi.
Sembrano dirmi:
“Entra da noi, esaudiremo qualunque desiderio
non importa che sia proibito
vedrai sarà bellissimo”.
Sbagliare è facile
se non sai più chi sei,
non ho saputo dire no,
mi sono perso in un vicolo cieco.
La strada ammaliante del piacere
mi viene incontro senza ostacoli,
preda inerme della concupiscenza
tocco il fondo pensando di raggiungere la cima.
Sono schiavo del mio istinto,
intrappolato nella mia angoscia,
c’è un’ombra che mi insegue,
dovunque vado non mi lascia mai.
In una danza infernale,
senza fermarsi mai,
girano intorno a me
fantasmi ed incubi.
Voglio scoprire la tua origine,
combattere ed annientare le tue tentazioni,
fino a giungere faccia a faccia
con il volto più inquietante del mio male.
Sì, scaverò nei miei profondi abissi
tirerò fuori il demone a cui appartengo,
a costo d’impazzire,
giuro io mi libererò.
La mia anima smarrita
ora sprofonda dove non c’è luce,
nuda nuota sott’acqua,
non riemerge
DI NOTTE, IN UN CIMITERO DESERTO, MI
PARLA UNO GNOMO…
“Ascolta…
solitario mortale fantasma,
appaio solo ogni mille anni
per volere del nulla,
venendo da notti antiche.
Prediligo i silenzi di luoghi insoliti
e le solitudini di anime
sconosciute a sè stesse.
Ora anche tu sai
che mille anni
sono come un batter di ciglia
e in questa fugace notte
tu sei per non essere mai più.”
ALTI E BASSI
Nella pace di questa sera
attendo la tempesta.
UN PALLONCINO COLORATO
Ma chi sono veramente io?
Ha senso cercare di scoprire me stesso?
Inseguire uno spettro senz’anima?
Io troppo piccolo
tra tutta questa gente che popola la terra,
insignificante
rispetto alla grandezza dell’universo.
Un palloncino colorato
sfuggito di mano ad un bambino
che vola sempre più in alto
fino a sembrare un puntino lontano.
Poi
sparisco del tutto
privo d’identità
senza storia.
IL GIARDINO INCANTATO
La bimba dagli occhi assonnati
e con indosso un pigiama bianco,
come sonnambula entra nel giardino incantato
e vede cose mai viste:
statue di cera ed animali parlanti
creature fiabesche e divertenti folletti.
Strane piante ora la spiano
alberi fioriti sussurrano la primavera.
Mille lucciole danzano a festa
bellissime fate muovono bacchette magiche a ritmo di musica
fanciulli fantasmi giocano a girotondo tenendosi per mano.
In fondo a quel giardino fatato
come fosse un regalo per lei
la bimba osserva stupita una vecchia sedia a dondolo.
Si siede felice
chiude i suoi occhietti
e ogni cosa scompare.
DESIDERIO D’INCONTRARTI
Non ho mai conosciuto amore alcuno
in quest’orrido deserto della mia esistenza.
Solo miraggi inconsistenti e sogni naufragati nel nulla.
Eppure il mio cuore mai domo
anela ancora a te mia sconosciuta compagna
brama il tuo amore come acqua nel deserto.
Se solo potessi trovarti finalmente!
regalarti tutti i miei scritti
accuratamente custoditi sin da bambino,
narrarti con foto e diari la mia storia
di personaggio fuori dal comune eternamente solo.
La mia smarrita anima bambina
ora contesa tra l’amore divino e quello terreno
reclama nel silenzio di un disperato grido senza voce
una sua realizzazione,
una meta da raggiungere.
Sarebbe una rivincita
per tutti i miei fallimenti.
Se solo mi rendessi conto
che tu non puoi esistere
per colpa del mio io troppo particolare,
forse me ne farei una ragione
rassegnandomi.
Soltanto Dio, se vuole, leggendo le nostre menti
può incrociare il tuo sentiero col mio,
annullando qualunque distanza
ogni segreto.
Nel desiderio d’incontrarti
che dura ormai da tutta una vita,
in un’età in cui forse non è più lecito sognare,
un po’ ridendo e un po’ piangendo
rimango ancora quell’adolescente
in attesa e primo amore.
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